I segni di civiltà sul territorio
LA MACERA
(Un grande monumento di ingegneria idraulica)
di Franco De Angelis
Quando si arriva con la macchina a Roccagorga e Maenza, si guardano gli oliveti e i terrazzamenti, i muri a secco che li sostengono ed è spontaneo un giudizio estetico: E’ questo un paesaggio di rara bellezza!
Ne segue una riflessione: ma quanto sono estesi?
Nella sola Maenza sono circa 400 ettari coltivati ad oliveto, con centomila piante e con macere calcolate per una lunghezza di oltre 800 km. Se si aggiunge il territorio di Roccagorga ci si accorge che nei secoli è stato realizzato nelle nostre colline un “monumento di ingegneria idraulica” e che la montagna sterile e pietrosa è stata resa fertile da generazioni di contadini che hanno scritto una pagina di civiltà agricola sul nostro territorio.
E’ probabile che nell’impianto originario degli oliveti vi sia stato il contributo scientifico dei monaci cistercensi, grandi bonificatori.
Il tema è esteso e per necessità di spazio è bene considerare un singolo elemento di grande interesse: la macera, o muri a secco.
La tecnica di costruzione si differenzia dal muro in calce, in quanto la macera non è verticale ma per reggere meglio la spinta si appoggia con leggera inclinazione verso l’alto del terreno; i sassi, non legati con malta, non sono semplicemente sovrapposti ma posti ad incastro; la parte superiore è chiusa da massi disposti a corona, mentre la pedica (la fondazione), deve essere in grado di compensare il dislivello su cui la macera poggia.
A volte quando l’asperità del terreno non lo permetteva, si sostituiva in quel tratto la pedica con macere sistemate ad arco, veri gioielli sotto il profilo architettonico e statico.
La macera così realizzata per centinaia di chilometri, con massi calcarei e porosi, diventa un enorme pannello solare che dilatandosi di giorno prende calore che restituisce la notte assorbendo umidità. Si crea pertanto un microclima caratteristico ed unico della Valle. E’ il respiro della nostra montagna, che garantisce un’aria da respirare aspirandola lentamente. Questo alternarsi di umidità e di calore sulla macera favorisce in essa l’insediamento di due specie di animali antagoniste tra loro: la lumaca, che preferisce l’umidità e la lucertola che si rigenera al sole.
I due ritmi vitali differenti permettono alla lumaca di uscire quando piove e di non essere pertanto preda della lucertola. Quando finisce la pioggia e ritorna il sole se qualche lumaca è ancora in giro, significa che è diventata più lenta nei suoi riflessi, ed è pasto della lucertola, che così concorre alla selezione della razza eliminando i soggetti più deboli.
La macera crea dunque un habitat ideale che garantisce una biodiversità, ricchezza del territorio.
E’ questo un equilibrio delicato che viene distrutto dagli incendi e per ricostruirlo necessita circa un secolo.